Nel mese di luglio il vescovo Derio è intervenuto alla sessione del Segretariato attività ecumeniche ad Assisi. Nell’articolo che segue – pubblicato su Vita Diocesana dell’11 settembre 2022 – viene ripercorso l’intervento del vescovo di Pinerolo.

Foto Laura Caffagnini

La visita di monsignor Derio Olivero alla sessione di formazione ecumenica del Sae (Segretariato attività ecumeniche) alla Domus Pacis di Assisi è stata molto apprezzata dai partecipanti al convegno.

 

Il vescovo di Pinerolo, nonché presidente della Commissione episcopale ecumenismo e  dialogo della Cei, si è trattenuto due giorni all’iniziativa partecipando ai lavori in plenaria, condividendo i pasti e i momenti informali di dialogo e presiedendo l’Eucaristia martedì 26 luglio.

 

Il commento alle Nozze di Cana

Durante la Liturgia della Parola un diacono ha letto il brano delle nozze di Cana, soggetto che campeggiava sullo schermo dell’auditorium nella riproduzione dell’affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova. Monsignor Derio ha commentato nell’omelia la pericope dell’evangelista Giovanni partendo da uno sguardo sulla realtà odierna. «Dio è evaporato. Non vuol dire che non c’è più, Dio sembra così impalpabile che per tanti è come se non ci fosse. La grande domanda che queste persone fanno a noi è: “Che c’entra il tuo Dio nella vita concreta?” E noi remiamo nel rispondere, non è così semplice. Ecco la bellezza del brano che abbiamo ascoltato stasera, le nozze di Cana».

Una vita intera in attesa di un compimento

Il vescovo ha spiegato che l’evangelista gioca sul numero sei, che appena tocca il sette, numero del compimento. Sei, simbolo del quasi, dell’uomo e della donna. «Noi siamo umani, siamo quasi perfetti. Abbiamo quasi il bandolo della matassa della vita. Sospesi fino all’ultimo giorno, siamo un desiderio che cammina. Il grande psicanalista Lacan diceva che il desiderio è l’attesa di qualcosa che non avrai mai. Per una vita intera noi cristiani siamo in attesa di un compimento. Ma anche il
desiderio psicanaliticamente parlando è l’attesa di qualcosa di grande come la giustizia, come un amore che non avrai mai del tutto. A Cana ,Gesù ci fa intravedere che è venuto a prometterci un
compimento. Noi siamo qui a immergerci in questa promessa per uscire di qua capaci di sperare un po’ di più. È bello che in quel miracolo Gesù sia fuori misura, esagerato nella sua azione per
noi».

 

La promessa di Gesù Cristo

Rivolgendosi alla variegata assemblea di laiche, laici, presbiteri, religiosi, religiose, ministre e ministri di culto, Olivero ha proseguito: «Come cristiani delle diverse confessioni dobbiamo stare
in questa sfida avendo ben chiaro queste due cose: che Gesù Cristo ci ha promesso un compimento e che questo regge tutti i nostri sogni. E testimoniare che lui è in azione in modo esagerato e
crederci. Di questo abbiamo bisogno, di aiutarci – cattolici, protestanti ortodossi, ognuno con le sue storie, le sue capacità, i suoi riti, il suo modo di commentare la parola – a essere cristiani così,
testimoni di questa sovrabbondanza e della promessa di un compimento. C’è una cosa che mi piace tantissimo: immaginare lo sposo che a un certo punto si sente dire non ho mai visto uno sposo
come te: tu hai dato vino buono fino all’ultimo. Dentro di sé avrà detto: “Io? Manco per idea!” Si è sentito superato. Che meraviglia. Cosa vuol dire essere credenti in Gesù Cristo? Sapere di essere quotidianamente superati dalla sua azione e in questa fiducia vivere e continuare a lottare anche nelle crisi che abbiamo sentito elencare ieri: la pandemia, la guerra, la crisi climatica. Noi possiamo permetterci e dobbiamo essere i primi a combattere là davanti contro questi guai perché abbiamo fiducia che il primo a combatterli è sempre Gesù Cristo, e noi siamo ancora una volta qui a stare
tre quarti d’ora per crederci. Dio non è evaporato, è esagerato, concreto, sudato perché è un Dio al lavoro e ci precede e in questo modo ci apre alla speranza».

 

Le anfore di Giotto

Dell’immagine di Giotto – donata ai partecipanti in forma cartacea al termine della messa – il vescovo ha sottolineato infine che in primo piano ci sono le grandi anfore che ricordano «l’esagerazione che celebriamo ogni volta che facciamo l’eucaristia e in cui crediamo ogni volta che siamo senza forza, senza speranza e senza futuro perché Dio garantisce vino per sempre fino all’ultimo dei nostri giorni, dove sarà l’inizio della festa».